EXTRA! MUSIC MAGAZINE
(maggio 2005)
Roberto Kunstler
Kunstler / 2005 / Aliante
di Stefano De Stefano
A vederlo sembra Bob Dylan, sempre con quella chitarra acustica e l’armonica appresso, e a sentirlo pure sembra di avere davanti un poeta delle generazioni passate, che canta storie e pone domande, fa riflettere e immergere in atmosfere lontane e crepuscolari, nel segno di Tenco, De Andrè, Battisti. Questo è il mondo di Roberto Kunstler, conosciuto maggiormente per essere il paroliere del più famoso amico Sergio Cammariere (anche se in realtà ha collaborato anche con artisti come Paola Turci e Alex Britti) che per la sua caratura artistica. È un destino strano il suo: il primo lavoro esce nel lontano 1985, passa per Sanremo nella categoria giovani senza lasciare traccia e da quel momento è l’oblio dei media che non se ne occupano più, anche se Kunstler continua a pubblicare una manciata di dischi che contaminano la ballata d’autore con il jazz, la bossanova, il blues. Nel frattempo si laurea in Storia delle religioni del Vicino Oriente Antico, e continua a infarcire i suoi testi di poesia, citazioni, domande esistenziali sulla vita, l’amore, Dio; questo disco, intitolato semplicemente “Kunstler”, è la quintessenza del pensiero artistico, filosofico e musicale del cantautore, e offre dodici frammenti di umanità, dodici spunti di riflessione avvolti in atmosfere musicali che vanno dal jazz al blues, dalla ballata cantautoriale allo swing, dalle atmosfere dei frenetici mercati orientali al country. Gli arrangiamenti sono molto curati, i testi finalmente ragionati e costruiti spesso per metafore e figure retoriche che però non danno mai vita ad un risultato ardito e complicato; spesso ricorre la parola Dio nei testi, ed è chiara l’attenzione di Kunstler di far riflettere su tematiche cui spesso non diamo molta attenzione: l’amore, il rapporto con la religione, l’atrofia della nostra umanità che cresce sempre di più a causa di una società del consumo (“in questo mondo dove ognuno pensa a guadagnare e non c’è posto per l’amore la scienza ha fatto molto fino a cancellare un Dio dal nostro cuore”, da “Resistere”). Alle dolci e sospese ballate di “Io farei qualsiasi cosa” fanno da contrappunto i movimentati e caotici ritmi orientaleggianti di “In viaggio”, che evocano lontani scenari di parole e suoni, di viandanti che non hanno un punto fisso o delle certezze (il pezzo è impreziosito dal un bel flauto e da un violoncello che dialogano tra di loro); alle crepuscolari e delicate “Allora capirai” e “Gente comune” (con un testo bellissimo in forma di storia metaforica) rispondono la bossanova di “In principio” e la cupa “Resistere”, con una chitarra slide che ricama fraseggi durante tutto il pezzo. “Più le cose cambiano” è un blues in forma di canzone come lo scriverebbe Britti, e ha un testo che è praticamente la biografia del cantautore, mentre “Verrà la libertà” è un simpatica country style song. Un cenno a parte merita invece “Torri di guardia”, che è un omaggio al maestro Dylan: la canzone cita già nel nome una nota canzone del maestro (anzi a dire il vero è proprio la traduzione), così come alcune strofe disseminate nel testo ne sono l’esatta traduzione. Il modo di cantare è quello strascicato e quasi parlato, e anche la struttura armonica è praticamente la stessa, con una diversa configurazione ritmica e un arrangiamento che dà una propria individualità alla canzone, così da risultare un pezzo autonomo che però rivela delle interessanti citazioni. Uno spunto di alto livello per un disco che dovrebbe avere maggiore visibilità nelle vetrine anche per il prezzo decisamente economico visti i tempi in cui siamo costretti a spendere. Roberto Kunstler non ha niente da invidiare a nessuno, le case discografiche dovrebbero pianificare daccapo le proprie strategie.
L'UNITA'
(23febbraio 2005)
Roberto Kunstler
Il paroliere ora vola da sé e rende omaggio a Dylan
di Silvia Boschero
Please non dite più "il paroliere di Sergio Cammariere". Anche se lo è ancora, anche se gli è servito, Roberto Kunstler ha dato da poco alle stampe un disco tutto suo, parole e musica, dopo aver vinto, dal 1979 ad oggi, i premi più prestigiosi della musica cantautoriale italiana e aver scritto anche per Paola Turci, Alex Britti e la Vanoni. Animo inquieto e immaginifico, Kunstler, che da ragazzino ai tempi del Folk-Studio venne soprannominato dai "grandi" come De Gregori "un piccolo Bob Dylan", in questo suo eponimo Kunstler paga tributo al menestrello con una sua versione riveduta di All along the watchtower , si diverte a imbastardire il folk con la bossanova e incita alla resistenza (e dice: "L'ho detto prima io di Borrelli. La mia resistenza è una condizione giornaliera, una militanza vera, non solo politica, la consapevolezza di far parte di una minoranza di coscenze, di un'umanità evoluta per cui ad esempio la guerra è un fatto inconcepibile"). Kunstler è un outsider, uno che non sa tenersi dentro le sue verità.
WWW.VIDEOMUSICA.IT
(10 gennaio 2005)
Le perle di Roberto Kunstler
di Matteo Nucci
Roberto Kunstler vive di musica ed è stato un delitto discografico non avergli dato voce per quasi dodici anni. In parte Cammariere ha lasciato che la sua creatività trovasse sponde. Oggi finalmente un bellissimo disco tutto suo, non a caso intitolato "Kunstler".
Sono passati quasi dodici anni da “I ricordi e le persone” - album firmato assieme a Sergio Cammariere - e Roberto Kunstler torna finalmente con un disco tutto suo, non a caso intitolato “Kunstler”. A sentir scorrere le dodici tracce di questo bellissimo regalo per chiunque ami la musica il motivo di un silenzio così lungo dovrebbe essere subito chiaro. Kunstler non ha mai perso l’ispirazione e non ha mai perso la sua strada, ma soprattutto non ha ceduto di fronte alle scorciatoie discografiche e molto semplicemente non ha trovato chi lo pubblicasse. È una storia, quella dei discografici italiani, che non vale la pena raccontare. Quando finalmente ci si trova fra le mani un bel disco conviene dedicarsi solo a quello.
Chi conosce Kunstler da anni oggi festeggia. Molti infatti adesso sanno il valore del suo contributo sulla musica e soprattutto sui testi di Cammariere; pochi sanno delle sue collaborazioni con Alex Britti, Paola Turci, Francesca Schiavo; pochissimi sanno che questo artista romano scrive musica di alta qualità fin dai primi anni ’80; e chi lo conosce bene sa che se non ha mai smesso di comporre a ritmi a dir poco frenetici il motivo non è l’amore per la musica, la passione per la poesia, la voglia di raccontare, cercare, descrivere. Il fatto è che Roberto Kunstler vive di musica, nel senso che la musica la mangia, se ne ciba ogni giorno e solo a vederlo uno potrebbe accorgersene.
Quando si parla di musica parlando di Kunstler bisogna essere chiari: forma canzone, testi e musica, testi semplici e fruibili, ma grondanti, letteralmente fradici di poesia. Non esistono mode, ovviamente, né tempi, perché questo cantautore romano come qualsiasi poeta è fuori del tempo. E se uno lascia andare il disco se ne rende conto immediatamente.
Difficile trovare un luogo, uno spazio e un tempo in cui collocare questi brani, peraltro composti in periodi anche molto diversi (un pezzo – “Gente comune” – proviene dal primo omonimo album di ventiquattro anni fa). Perché musica e poesia non hanno tempo né spazio e le storie di Kunstler non ne hanno per definizione.
La ricerca è continua: c’è un anelito quasi inconscio verso il dio che è presente dentro ognuno di noi, c’è la smania di perdersi in amori metafisici e in desideri molto terreni, c’è la curiosità e il bisogno di dipingere momenti irripetibili, c’è la domanda di ogni rapporto, il dualismo, il ‘tu’ che diventa ‘io’, l’aspirazione e il terrore della fusione e dell’unità. C’è dolore, redenzione, simbolo, sogno. C’è blues, rock, Dylan, Tenco, Rimbaud, Michelstaedter, endecasillabi, sapienza assoluta nell’uso del verso.
Roberto Kunstler non è uno che ci giochi con le parole. A sentirlo parlare si potrebbe sospettarlo. La frenesia con cui distribuisce suoni, rime, vorticosi giochi linguistici, assonanze, figure retoriche potrebbe lasciare il sospetto che ci sia una presa in giro di fondo, un’autoironia incontrollabile – e in parte è anche così. Ma a lasciar sedimentare la continua ricerca si scopre la verità. Lettore vorace di poesia, Kunstler è uno che la poesia la scrive e la scrive con cognizione assoluta. La scrive in un modo perché compaia su carta (un suo libro di poesie è ormai introvabile) e la scrive in tutt’altro modo perché accompagni la sua musica, perché vi si fonda, perché ne sia l’anima, la forma, la materia, nel solito gioco di dualità-unità.
Basta ascoltare il primo pezzo di questo disco per averne un’idea. L’uso del verso, in “Io so”, è addirittura lampante dopo pochi secondi. “Conosco l’estasi e la lotta dei miei sensi / E c’è una scala tutta d’oro / Che arriva fino al cielo”. È necessario ascoltarli, questi versi, per capirli, perché sono musica. Ma è necessario ascoltare tutto il disco. Dalle visioni di “Nuovi dei” alle realtà di “In viaggio”, dalla malinconia di “Allora capirai” al desiderio di “Si può chiamare amore” e “Io farei qualsiasi cosa”, e via via fino alla fine: “In principio”, “Resistere”, “Più le cose cambiano”, “Torri di guardia”, “Verrà la libertà”: ogni canzone una perla per un album che, come ogni grande perla, contiene mondi infiniti, inesauribili.
IL TEMPO (30 dicembre 2004)
Kunstler, dalle parole per Cammariere al nuovo cd
di Carmen Guadalaxara
ASCOLTARE il nuovo album di Roberto Kunstler, non a caso intitolato semplicemente "Kunstler", romano, classe 1960, meglio conosciuto come il paroliere di Sergio Cammariere, è come vivere un attimo di dimenticanza, di oblio, lontani dalle canzoni gridate, dagli pseudo interpreti che fanno della musica italiana un prodotto da fast-food.
Cantautore e compositore, Kunstler non ha mai ceduto alle scorciatoie discografiche, in poche parole non ha mai trovato chi lo pubblicasse. Ma questa è una storia, quella delle produzioni discografiche, già sentita e che non vale la pena neanche ricordare. Quando al termine di un anno ci si ritrova a sentire un bel disco conviene dedicarsi solo a quello. E poi pochi conoscono la storia di un artista, con una partecipazione anche al festival di Sanremo nel 1985, tre album in proprio, che ha collaborato con Alex Britti, Paola Turci e altri. Kunstler raccoglie nel cd alcuni tra i brani più interessanti del panorama musicale nostrano. Singoli che cantano l'amore come "Io so", "Si può chiamare amore", nelle sue moltecipli espressioni, ma anche altri che sintetizzano la sua passione per il blues in "Più le cose cambiano", Bob Dylan in "Torri di guardia" e la sua profonda conoscenza e la accurata ricerca della parola e del verbo.
Autore o cantautore? "Non sono capace di scrivere per gli altri - spiega Kunstler - Mi hanno chiesto di scrivere per Mina, Di Cataldo, ma non ho combinato nulla. Bisogna lavorare fianco a fianco con chi interpreta. La canzone - continua - è una forma musicale nata dalla unione tra musica e parole, il cui successo è legato a come si coniugano i due elementi".
Tra le righe delle canzoni Kunstler, tra l'altro laureato in Storia delle religioni, ricorre spesso la parola "Dio". "Me ne sono accorto. Ho sempre cantato la spiritualità dell'amore. Però si tratta di una spiritualità laica, spesso dissacrante e comunque di ricerca di un Dio dentro di noi. Coniugare - conclude - musica e interessi religiosi è sempre stato un mio interesse, anche se non sono un cantautore di movimento cattolico".
IL GIORNO/LA NAZIONE/IL RESTO DEL CARLINO
(28 dicembre 2004)
di Andrea Spinelli
Vent'anni di musica, quattro album a suo nome, una partecipazione al festival di Sanremo e due al Premio Tenco, eppure Roberto Kunstler per la gente è ancora "quello che scrive i testi per le canzoni di Sergio Cammariere".Un'etichetta che all'autore romano non dà fastidio, nemmeno ora che torna sul mercato in panni cantautoriali con "Kunstler", nuova tappa di un percorso solista iniziato nel 1984 grazie ai sentimenti di contrabbando di quel "Piccola regina del varietà" che gli valse il Premio Rino Gaetano. Roberto collabora con Cammariere dal '92, ma solo adesso riesce a concretizzare il progetto di allora.
"Io volevo fare un album tutto mio con gli arrangiamenti suoi e lui un album tutto suo con le mie canzoni. Ma i discografici non ce lo permisero, ma non abbiamo mai mollato l'idea di quel progetto ed ora eccoci qua nei negozi uno di fronte all'altro".
Come ha scelto il repertorio del disco?
"Di canzoni ne avevo tante, oltre un centinaio. Mi sarebbe piaciuto riproporre cose che la gente conosce solo nell'interpretazione di Sergio come "La canzone dell'impossibile" o "Vita d'artista", ma ho preferito puntare solo su inedite per evitare confusioni. Anche se....".
Dica.
"Anche se "Allora capirai" ha una storia tutta sua. Alle selezioni di Sanremo 2003 con Cammariere presentammo "Sul sentiero" e Baudo se ne innamorò, ma Sergio l'aveva eseguita qualche volta nei suoi concerti e quando glielo confessammo Pippo sbiancò.
Ci dette poche ore per trovare una sostituzione. Sergio era disperato, sentiva nell'aria la grande occasione e temeva di perderla. Mi chiese "Allora capirai" e cominciò a lavorarci sopra. Musicandola, però, prese forma via via un brano diverso e così anch'io decisi di scriverci sopra un altro testo. "Tutto quello che un uomo" è nata così".
Vi è venuta molto tenchiana.
"Anche "Vita d'artista", nel '97, era piuttosto tenchiana.
Un pezzo, fra l'altro, con dei risvolti autobiografici, visto che Kunstler in tedesco vuol dire artista".
A proposito di citazioni, un altro pezzo del suo nuovo disco, "Torri di guardia", sembra strizzare l'occhio fin dal titolo alla dylaniana "All along the watchtower".
"Credo che il riferimento sia abbastanza esplicito. Conosco buona parte della produzione di Dylan a memoria".
Com'è nato questo amore per Dylan?
"Mio padre discende da una famiglia di profughi russo-polacchi sparsa soprattutto in Australia e negli Stati Uniti. L'inglese l'ho imparato in tenera età, e questo fin da ragazzo mi ha spinto verso i testi di Dylan perché capendoli, me ne sono subito appassionato".
L'ESPRESSO (17 dicembre 2004)
Cd rock
ORA IL CANTAUTORE HA LA FACCIA GIUSTA
di Alberto Dentice
E' accaduto spesso nella storia della canzone.
Pensiamo solo al duo creativo costituito a suo tempo da Battisti-Mogol.
Ma il caso di Sergio Cammariere e Roberto Kunstler è diverso.
Per anni il secondo ha servito il primo di musica e parole. Restando nell'ombra per consentire a un ottimo artista di pianobar come Cammariere di esibirsi con successo in una parte che non gli compete, quella del cantautore. Adesso Roberto Kunstler pubblica un album tutto suo ("Kunstler" / Delta Music) che rimette le cose in chiaro. Dodici nuove canzoni dall'imprinting poetico, immediatamente riconoscibile, hanno trovato finalmente la voce e la faccia giusta.
Quella del loro autore.
IL
MUCCHIO" (2003)
VITA DA.... ARTISTA
di Giovanni Ripoli
In tempi
non sospetti , 1991 per la precisione, il Mucchio gratificò
di un Oscar nella categoria "le dieci migliori canzoni
italiane dell'anno, il brano, Poeti del' 900 di Roberto
Kunstle, al pari di nomi quali Battiato, Ligabue e De Andrè
padre. Forse eravamo "avanti" rispetto ai tempi
e, come al solito, ai discografici, se è vero che
da allora ancora non hanno realizzato di avere tra le mani
un vero artista. Al momento, la discografia di Kunstler
consta di quattro album interessanti, discontinui e ormai
introvabili ( "Gente Comune", "Mamma, Pilato
non mi vuole più", "Eclettico Ecclesiastico"
e "I Ricordi e le Persone" con Cammariere &
la Stress Band), malissimo distribuiti e, peggio, pochissimo
"promozionati". Quello che segue è un breve
ritratto che nel suo piccolo vuole aiutare a far' chiarezza
su un artista, forse troppo prematuramente etichettato come
"piccolo Dylan" già ai tempi del glorioso
Folk Studio di Cesaroni (1979), e oggi nel pieno della sua
maturità artistica, restituendogli la sua dignità
di cantautore (e poeta) a pieno titolo a dispetto di una
"discografia" che tende a utilizzarlo "solo" come autore e/o co-autore delle canzoni di Sergio Cammariere.
Forse è solo un " simple twist of fate "
, ma qualcosa, pare, si sta muovendo e, sull'onda di Cammariere
e del suo repentino successo, Roberto Kunstler dovrebbe
uscire dal guscio con un importante album, finalmente in
linea con le sue aspirazioni e col suo mondo poetico e musicale.
Ma chi è Roberto Kunstler e soprattutto perché
il Mucchio ne parla? Per diverse ragioni. Perché
ha una facilità di scrittura unica nel panorama autoctono
(un centinaio di pezzi risultano depositati in Siae, ma
lui dice di averne scritto almeno cinquecento, e ci crediamo),
una voce inconfondibile, il mito Dylan nel cuore, una "vita
da artista" tutta da raccontare, e una spiccata difficoltà
a entrare nelle grazie dei discografici (il che ce lo rende
immediatamente simpatico). Ma anche perché non segue
il vento e va avanti seguendo un suo percorso creativo coerente
seppure in costante evoluzione (dalle prime ballate, schiette
ma un po' troppo dylaniane, a canzoni complete, senza tempo
e/o riferimenti all'attualità, alle mode; testi frutto
di studio, letture e ricerca, ma al tempo stesso semplici,
diretti, fruibili a più livelli). E ancora, perché
ascoltarlo dal vivo, anche solo voce e chitarra, dà
sempre una piccola scossa con la sua voce calda e nasale
(un po' come "lui" giovane), con parole che inquietano
o seducono, ma non scivolano mai via banali. Sia per Cammariere
che per Roberto, fortunatamente tempi e presupposti sono
cambiati, ma al di là dei diritti Siae (lui direbbe:
non si vive di sola Siae!), Roberto Kunstler sta ancora
aspettando che quanti sono coinvolti nel mestiere della
musica, ciascuno al proprio livello, gli riconoscano quel
ruolo e quello spazio che certamente merita. Il Mucchio
lo sta già facendo.
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